
Anno: 2011
Autore: Mike Elliot
Eric M. Lang
Editore: WizKids (ing)
Tipo: gioco di dadi
Genere: deck(pool)building
Tema: fantasy
Meccanica: draft, combattimento (in)diretto
Numero Giocatori: 2-4
Durata: 25'-45'
Difficoltà: 2/5
Dipendenza dalla lingua: medio-alta (testo delle carte, poco usate)
Illustratore: J. Lonnee
“- Vuoi provarlo? (sì)
- Conosci Dominion? (sì)
- Sei un avvocato? (no)
- Allora siediti, è facilissimo…”
[presentazione al pubblico di Quarriors! Da parte dei dimostratori, ringraziando l’amico Massimiliano “ugoslave” Calimera di Gioconomicon per questo illuminante report da GenCon 2011]
- Conosci Dominion? (sì)
- Sei un avvocato? (no)
- Allora siediti, è facilissimo…”
[presentazione al pubblico di Quarriors! Da parte dei dimostratori, ringraziando l’amico Massimiliano “ugoslave” Calimera di Gioconomicon per questo illuminante report da GenCon 2011]
Era solo questione di tempo perché si portasse il
deckbuilding ad un livello successivo, dalle carte ai dadi, da Dominion a
Quarriors!, dal pane alla pizza.
L’entusiasmo attorno a questo gioco è quello che c’è attorno
a una partita del Barcellona (scegliete voi lo sport, al momento non fa
differenza), e permane nonostante la sua grave situazione componentistica.
Già, perché il gioco (di dadi) ha problemi nei dadi, nulla di particolarmente
preoccupante, è come se una Ferrari avesse giusto il problema delle ruote.
I dadi che rappresentano magie e creature sono piccoli, il che significa che le
incisioni al centro delle sei facce sono ancor più piccole, per quanto
stilizzate, e significa anche che i valori incisi ai quattro angoli sono
strumenti discriminatori utilizzati dalla RAF per la selezione dei piloti.
La
WizKids urla a squarciagola il suo motto “largo ai giovani”, quanto meno per
farvi leggere i risultati dei dadi appena lanciati. Se non avete ragazzi sotto
i trenta tra gli avversari barare sarà un gioco da ragazzi, a meno che i vostri
avversari non siano dei malfidati, al che passerete il doppio del tempo della
partita passandovi i dadi di mano in mano per decidere a maggioranza quali
valori vi siano indicati. Praticamente un gioco di alleanze oculistiche.
Volendo pensare che riusciate a superare questa barriera
geriatrica, la discriminazione successiva è, per ovvio collegamento, quella
cromatica. I colori scelti per rappresentare i quattro giocatori sono un severo
monito al daltonismo: verde scurissimo, blu scurissimo, nero chiaro, rosso
scuro. Ovviamente il rosso dev’essere stato un errore di stampa. Sono così i
cubetti sul tracciato dei punti (tracciato dal percorso tutt’altro che
scontato), e sono così i sacchetti in cui mescolare i propri dadi.
I sacchetti, il percorso logico e quello delle defezioni,
camminano di pari passo. I sacchetti sono realizzati su dimensione d’infante,
il ragazzino che vi fa da consulente per la lettura dei dadi avrà paga doppia
quando gli avrete chiesto anche di pescarvi sei dadi dal sacchetto. La sensazione,
prendendo i dadi da lanciare, è quella di stare infilandovi le dita nel naso.
Tutte.
Contemporaneamente.
Ma se tutto questo non vi spaventa il gioco vi dà una certa
soddisfazione, eccezion fatta per i “fortunati in amore” o semplicemente per i “diversamente
fortunati”. D’altra parte è un gioco di dadi, ma con una durata accettabile per
la funzione legata al fattore C: dura più che “il dado più alto vince” ma è
anche (appena) più divertente.
Quello che potrebbe pesare un pochino di più è il panico da denuncia per plagio
che attanaglia l’intera produzione, dalla presentazione del gioco alla
copertina della confezione, dai termini inventati nel regolamento ai testi
delle carte, tutto Quarriors! sembra esprimersi col sorriso colpevole e sporco
di chi abbia svuotato il vasetto di nutella del vicino.
Nel giro di due lanci chiunque di voi nominerà gli elementi
del gioco per come la cultura ce li ha tramandati, trovando del classico “mana”
invece della fantasiosa “quiddity”, con buona pace degli avvocati di tutto il
mondo.
Il motore del gioco però è incredibilmente buono (l’incredulità
non deriva dal livello di bontà, ma dal raffronto con la componentistica),
tutto quel tirare di dadi vi fa sentire come bambini nella vasca delle palle di
plastica e, per quanto possa non apparire, dopo qualche partita vi rendete
conto che ci sono degli insospettati margini strategici (a patto che non
facciate schifo nel tirare dadi).
La meccanica è talmente semplice che l’unica maniera valida
d’illustrarla, a dispetto delle troppe pagine di regolamento, è far giocare
direttamente il primo turno. Si ottengono i punti dalle creature sopravvissute al
turno precedente, si lanciano i dadi, si evocano le creature ottenute pagandone
il costo, si giocano gli incantesimi ottenuti, si attaccano a rotazione tutti
gli avversari e si compra un nuovo dado
pagandone il costo, il tutto con il man… la “quiddity” ottenuta dal lancio.
E il
tutto con soli sei dadi, ma semplice, davvero.
Il sistema di combattimento è tanto semplice quanto efficace
nelle proporzioni del gioco (un punto per te WizKids), l’attaccante attacca con
tutta la forza delle proprie creature evocate, ogni difensore (ogni altro
giocatore) difende con una creatura alla volta, scalando la resistenza della
propria creatura eliminata dalla forza dell’attacco, ripetendo fintanto che questa
non basti ad eliminare la creatura difendente successiva. L’attaccante non può
essere sconfitto, ma al turno successivo sarà difensore, generando così una
sorta di astio iracondo nel lancio di dadi: D per venDetta.
A destare sospetti nella parte meccanica del gioco sono il
timing di alcuni effetti, che può generare qualche piccola incomprensione tra
giocatori di Magic e umani di livello 0, e un sistema di set up che
tecnicamente non stento a definire “paraculo”. La preparazione dei 10 tipi di
dadi disponibili (oltre a i tre base) in ogni partita avviene pescando le carte
(ossia le schede che indicano le diverse funzioni e facce del tipo di dado) casualmente,
avendo semplicemente cura di non piazzarne due dello stesso tipo (ossia che
rappresentino creature o incantesimi diversi per uno stesso tipo di dado). Come
a dire: “che volete, non potevamo mica fare cinque dadi per ogni creatura!” e
ai legali di Vaccarino “Non è mica come in Dominion che ci sono dei set up
prestabiliti!”.
Titolo del film “Cuore Pavido”.
Questa mancanza d’indicazioni sul set up da una parte fa si che le partite siano
molto diverse fra loro, ma dall’altra crea la possibilità di avere partite con
una disparità di costi tale da rendere gli acquisti piuttosto limitati e frustranti.
Un po’ come andare dallo “zozzone” e non decidere cosa mettere nel panino.
Presto
sentirete il bisogno di prendere in mano la situazione.
Finite le quattro o cinque partite di rito iniziatico, vi
scontrate con il trauma dimensionale della bellissima scatola in latta (raffigurante
interamente il sommo dado del Drago “quandocaloiosoncaz*ipertutti”), che porta
le esatte dimensioni che in geometria vengono definite “combinazione del
Quinonc’entra”. Adoro le iniziative di distinzione delle case editrici, se solo
tenessero conto che non tutti abitano in una casa editrice sarebbe più facile
trovare però un punto d’incontro tra i concetti di “ludoteca” e “spazio fisico”.
Per ora vado a cercare mio nipote, che voglio farmi una
partita. Intanto potete sollazzarvi con personaggi originali come “la strega
stregante” o lo “spirito fantasmico”.
PRO – vedi Dominion, aggiungi dadi!
CONTRO – vedi Dominion, aggiungi componentistica totalmente,
notevolmente, deficiente.
LA GUASTAFESTE DICE – “Scusa bimbo, quanto ho fatto qui?”.
NOTE – Indirizzo ai
nuovi giocatori: inizialmente tenderete ad acquistare i dadi di valore maggiore
che più si accostano alla “quiddity” disponibile, pensando di comprare sempre
il meglio. Non è così, cercate di intravedere una strategia e perseguitela anche
a costo di sprecare qualche punto (a meno che non arriviate ad acquistare i
dadi uber alles come draghi da 8 o incantesimi da 9, che saranno una scelta
azzeccata comunque), alla fine, male che vada, potrete incolpare la malasorte.
Attenzione, le previsioni danno tempeste di espansioni per
questo inverno.
NOTEVOLISSIMA - la versione italiota.
Ma ti si è rotta la barra spaziatrice della tastiera? :D
RispondiEliminaIl destino dell'articolista: uno scrittore e mille correttori.
RispondiEliminaSe poneste nell'acquisto di giochi la stessa attenzione che ponete nell'ortografia altrui, il mercato ludico offrirebbe solo prodotti di punta.
Se ponessi attenzione alla tua barra spaziatrice quanto sei permaloso non ci sarebbe bisogno di correttori :P
RispondiEliminaE se la barra spaziatrice avesse tre palle, allora sarebbe un flipper.
RispondiEliminaComunque devo provarlo, mi è parso pure un giochino carino, ma a patto che la durata sia decente. Almeno non ha il problema di Ascension, ovvero che va bene solo in due, ed ha un concetto di attacco - difesa ed interazione che, per quanto limitato e casuale, sembra funzionare.
@ Lukasz - E se tutti voi foste belli e intelligenti almeno la metà di quanto sono io, non ci sarebbe bisogno di barre spaziatrici.
RispondiEliminaGrazie della segnalazione, spazi barrati.
@ Llark - Ne rimerrari deluso. L'importanza della (limitata e comunque legata al fattore C) interazione emerge solo dopo alcune partite. La quantità di punti disponibili è così ridotta che non farne fare a gli altri è importante quanto farne. In questo la scelta dei dadi da acquistare è più importante di quel che appaia, e per ben fare si condiziona molta con le selte degli altri giocatori. Certo se poi ti ostini a lanciare "uno"... allora sei tu!
Culorriors. Comunque, caruccio. Davvero.
RispondiEliminaL'ultimissima espansione Quartifacts, che modifica due regole del gioco bilanciando notevolmente il culo ed aggiunge le "quest" in modo da permettere ai giocatori di variare strategia mandando i mostri a far punti in modo diverso, rende il gioco MOLTO più piacevole da giocare.
RispondiElimina