martedì 16 luglio 2013

Descent seconda edizione - aridaje

Mario Denti inquadra lo stile giappo del nuovo
Descent nelle forme e nel costume di Francesca.
Anche il costume non è male.
Titolo: Descent seconda edizione
Anno: 2012
Autore: Kevin Wilson
Editore: Fantasy Flight
Tipo: gioco da tavolo
Genere: dungeon crawler
Tema: fantasy (flight)
Meccanica: di menarsi, tirare i dadi, portare in giro, mettersi d'accordo.
Giocatori: 2-5
Durata: 80' setup + 40' di gioco (per scenario)
Difficoltà: 3/5
Dipendenza dalla lingua: è un gioco americano, in caso lasciate perdere.
Illustratori: Henning Ludvigsen.
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[Il Puzzillo alle prime prove]

Erano gli anni in cui si rimpiangeva il buon vecchio Heroquest (ossia uno qualsiasi degli anni in cui avevamo smesso di giocare a Heroquest perché ne avevamo piene le paste), la Fantasy Flight se ne uscì con un nuovo modello di dungeon crawler, in realtà si trattava della solita solfa, ma con la novità dell'infilare nella scatola abbastanza roba da mettere in dubbio la geometria euclidea.
Il risultato fu invece quello di mettere in dubbio la sanità mentale dell'editore.

Ora, la casa oggi famosa per Le Leggende di Andor, ci riprova, riducendo le dimensioni della scatola.
Evidentemente la terra non era pronta all'innovazione.

E sebbene io non sia fissato con l'originalità a tutti i costi, scrivo di questo titolo con lo stesso entusiasmo con cui facevo il chierichetto.

Perché allora ne parlo? Dico, ma avete presente il tenore di nuove uscite del periodo estivo? Sembra di stare in una bisteccheria per vegetariani.

L'idea di affiancare altri tre autori a Kevin Wilson non è male, il piano è chiaro: durante i suoi attacchi di game design uno gli tiene le gambe, un altro le mani e il terzo cancella metà della roba che ha scritto. Poi tutti e quattro insieme ripuliscono da bava ed escrementi.

Il lavoro di pulizia è notevole, tanto che la durata media di una campagna è stata portata quasi a paro del tempo necessario per capire a che diamine servano tutti quei pezzi. Compresi i secondi di leggera incredulità dopo aver capito che i cuoricini delle ferite vanno tenuti nei pressi della miniatura del mostro, tipo del goblin, tipo uno dei cinque, mentre stanno tutti lì ammucchiati che se li passano come malattie veneree.

Siamo nell'era dei videogiochi (a dire il vero ormai quasi al tramonto , vista la presentazione della nuova XBox), ed è più che lecito che questa da questa ben più sviluppata branca del game design si prenda a due mani. Ad esempio i quattro cavalieri dell'apoplettisse (questo il nome dato alla squadra di sviluppo) hanno optato per uno scenario di tutorial che a confronto l'ape disegnata sulla A dell'abecedario è da iscrivere al Kenner Spiel Des Jahres.
Nonostante il tutorial iniziale per disabili, alla prima vera avventura ci si schianta contro il solito cumulo di regolette ed eccezioni che ho capito che si tratta di un gioco ambientato, ma mica me lo potete sempre ambientare a Malagrotta

Ciò che invece si evidenzia subito è il legame con il mondo Marvel. gli eroi infatti ricordano i personaggi di Stan Lee. Ma più sgravati. Nel quarto d'ora dedicato alla misura del pene, ossia quello in cui i giocatori si confrontano i super poteri, sembra di leggere Novella 2000, non fai in tempo a stupirti per uno che già ti devi scandalizzi per quello dopo.
La linea comica è invece lasciata alla lettura delle carte del master, se mai a qualcuno sia interessata.

Poi ci sono i mostri, che non possono usare le loro due azioni per sferrare due attacchi, d'altra parte qualcuno dovrà pur tenere alto il vessillo della focomelia. E capirete che in quelle condizioni tenere alto un vessillo sia piuttosto limitante. Davvero, fanno il possibile, generalmente frapponendo pile di cadaveri tra i personaggi e le loro ricompense.

A venire incontro al master ci sono però degli scenari, almeno tra i primi, così ben sbilanciati da offrire la stessa frustrazione a chiunque ne esca perdente, con una tale sensazione d'impotenza che alla Fantasy Flight stavano pensando di vendere separatamente dei blister di Viagra. Poi si sono ricordati che si tratta di giocatori e il progetto è saltato.

Per non perdere acquirenti affogandoli in un mare di tristezza i quattro magi hanno portato oro, incenso, mirra e punti esperienza per tutti, indipendentemente da chi sia stato più o meno bravo. Al vincitore va la stima degli autori e la possibilità di decidere lo scenario successivo (il che riporta agli sbilanciamenti di cui sopra, ma magari sono malpensante io e gli scenari son tutti equipari ed è semplicemente inutile preferirne uno ad un altro).
Il gioco sembra così urlare "una volta qui era tutta campagna", anzi, è ancora così. Gli scenari già brevi e divisi ciascuno in due mini incontri fanno di tutto per convincere i giocatori a tentare l'impresa di portare avanti un'avventura intera nonostante gli impegni, il lavoro, le donn... ops.

C'è l'opportunità di giocare avventure singole, ma, in somma, via, che cane ve lo siete comprato a fare? Per guardare le miniature?

Ah, ecco, le miniature. Mentre c'è poco da dire riguardo quelle spiegazzate dei mostri, che vedono il proprio apice nella scultura nell'elementale dell'impasto, un pochino più fastidioso è vedere lo spreco della lavorazione dei particolareggiati personaggi che si perdono in una pozzanghera d'indistinto grigiume.
Dico solo che, visti i risparmi di Andor, uno sforzo per colorare almeno una basetta si sarebbe potuto farlo.

Uno sforzo, quello che nonostante tutto rimane il giocare a Descent, una nuova versione che non perde del tutto l'aspetto di superflua complessità a fronte di un'esperienza che rimane comunque impegnativa in termini di tempo e risorse. Il risultato a livello di gioco invece è ancora molto superficiale e incompleto: giocare a Descent è come andare a ballare in una discoteca omeopatica.

Scendiamo alla prossima, grazie.


3 commenti:

  1. Comunque meglio che giocare al primo Descent.
    (cfr. tautologia)

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  2. Meglio la prima edizione.
    Qui han trasformato gli scacchi in dama.

    RispondiElimina
  3. "Il gioco sembra così urlare "una volta qui era tutta campagna", anzi, è ancora così."
    geniale

    RispondiElimina

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