lunedì 5 settembre 2011

Quarriors! – il nonno odora di medicina


Titolo: Quarriors!
Anno: 2011
Autore: Mike Elliot
               Eric M. Lang
Editore:  WizKids  (ing)
Tipo: gioco di dadi
Genere: deck(pool)building
Tema: fantasy
Meccanica:  draft, combattimento (in)diretto
Numero Giocatori: 2-4
Durata:  25'-45'
Difficoltà: 2/5
Dipendenza dalla lingua: medio-alta (testo delle carte, poco usate)
Illustratore:  J. Lonnee
- Vuoi provarlo? (sì)
- Conosci Dominion? (sì)
- Sei un avvocato? (no)
- Allora siediti, è facilissimo…

[presentazione al pubblico di Quarriors! Da parte dei dimostratori, ringraziando l’amico Massimiliano “ugoslave” Calimera di Gioconomicon per questo illuminante report da GenCon 2011]

Era solo questione di tempo perché si portasse il deckbuilding ad un livello successivo, dalle carte ai dadi, da Dominion a Quarriors!, dal pane alla pizza.

L’entusiasmo attorno a questo gioco è quello che c’è attorno a una partita del Barcellona (scegliete voi lo sport, al momento non fa differenza), e permane nonostante la sua grave situazione componentistica.
Già, perché il gioco (di dadi) ha problemi nei dadi, nulla di particolarmente preoccupante, è come se una Ferrari avesse giusto il problema delle ruote.


I dadi che rappresentano magie e creature sono piccoli, il che significa che le incisioni al centro delle sei facce sono ancor più piccole, per quanto stilizzate, e significa anche che i valori incisi ai quattro angoli sono strumenti discriminatori utilizzati dalla RAF per la selezione dei piloti. 
La WizKids urla a squarciagola il suo motto “largo ai giovani”, quanto meno per farvi leggere i risultati dei dadi appena lanciati. Se non avete ragazzi sotto i trenta tra gli avversari barare sarà un gioco da ragazzi, a meno che i vostri avversari non siano dei malfidati, al che passerete il doppio del tempo della partita passandovi i dadi di mano in mano per decidere a maggioranza quali valori vi siano indicati. Praticamente un gioco di alleanze oculistiche.


Volendo pensare che riusciate a superare questa barriera geriatrica, la discriminazione successiva è, per ovvio collegamento, quella cromatica. I colori scelti per rappresentare i quattro giocatori sono un severo monito al daltonismo: verde scurissimo, blu scurissimo, nero chiaro, rosso scuro. Ovviamente il rosso dev’essere stato un errore di stampa. Sono così i cubetti sul tracciato dei punti (tracciato dal percorso tutt’altro che scontato), e sono così i sacchetti in cui mescolare i propri dadi.
I sacchetti, il percorso logico e quello delle defezioni, camminano di pari passo. I sacchetti sono realizzati su dimensione d’infante, il ragazzino che vi fa da consulente per la lettura dei dadi avrà paga doppia quando gli avrete chiesto anche di pescarvi sei dadi dal sacchetto. La sensazione, prendendo i dadi da lanciare, è quella di stare infilandovi le dita nel naso. 
Tutte.
Contemporaneamente.


Ma se tutto questo non vi spaventa il gioco vi dà una certa soddisfazione, eccezion fatta per i “fortunati in amore” o semplicemente per i “diversamente fortunati”. D’altra parte è un gioco di dadi, ma con una durata accettabile per la funzione legata al fattore C: dura più che “il dado più alto vince” ma è anche (appena) più divertente.

Quello che potrebbe pesare un pochino di più è il panico da denuncia per plagio che attanaglia l’intera produzione, dalla presentazione del gioco alla copertina della confezione, dai termini inventati nel regolamento ai testi delle carte, tutto Quarriors! sembra esprimersi col sorriso colpevole e sporco di chi abbia svuotato il vasetto di nutella del vicino.

Nel giro di due lanci chiunque di voi nominerà gli elementi del gioco per come la cultura ce li ha tramandati, trovando del classico “mana” invece della fantasiosa “quiddity”, con buona pace degli avvocati di tutto il mondo.

Il motore del gioco però è incredibilmente buono (l’incredulità non deriva dal livello di bontà, ma dal raffronto con la componentistica), tutto quel tirare di dadi vi fa sentire come bambini nella vasca delle palle di plastica e, per quanto possa non apparire, dopo qualche partita vi rendete conto che ci sono degli insospettati margini strategici (a patto che non facciate schifo nel tirare dadi).


La meccanica è talmente semplice che l’unica maniera valida d’illustrarla, a dispetto delle troppe pagine di regolamento, è far giocare direttamente il primo turno. Si ottengono i punti dalle creature sopravvissute al turno precedente, si lanciano i dadi, si evocano le creature ottenute pagandone il costo, si giocano gli incantesimi ottenuti, si attaccano a rotazione tutti gli avversari  e si compra un nuovo dado pagandone il costo, il tutto con il man… la “quiddity” ottenuta dal lancio. 
E il tutto con soli sei dadi, ma semplice, davvero.


Il sistema di combattimento è tanto semplice quanto efficace nelle proporzioni del gioco (un punto per te WizKids), l’attaccante attacca con tutta la forza delle proprie creature evocate, ogni difensore (ogni altro giocatore) difende con una creatura alla volta, scalando la resistenza della propria creatura eliminata dalla forza dell’attacco, ripetendo fintanto che questa non basti ad eliminare la creatura difendente successiva. L’attaccante non può essere sconfitto, ma al turno successivo sarà difensore, generando così una sorta di astio iracondo nel lancio di dadi: D per venDetta.

A destare sospetti nella parte meccanica del gioco sono il timing di alcuni effetti, che può generare qualche piccola incomprensione tra giocatori di Magic e umani di livello 0, e un sistema di set up che tecnicamente non stento a definire “paraculo”. La preparazione dei 10 tipi di dadi disponibili (oltre a i tre base) in ogni partita avviene pescando le carte (ossia le schede che indicano le diverse funzioni e facce del tipo di dado) casualmente, avendo semplicemente cura di non piazzarne due dello stesso tipo (ossia che rappresentino creature o incantesimi diversi per uno stesso tipo di dado). Come a dire: “che volete, non potevamo mica fare cinque dadi per ogni creatura!” e ai legali di Vaccarino “Non è mica come in Dominion che ci sono dei set up prestabiliti!”.
Titolo del film “Cuore Pavido”.


Questa mancanza d’indicazioni sul set up da una parte fa si che le partite siano molto diverse fra loro, ma dall’altra crea la possibilità di avere partite con una disparità di costi tale da rendere gli acquisti piuttosto limitati e frustranti. Un po’ come andare dallo “zozzone” e non decidere cosa mettere nel panino. 
Presto sentirete il bisogno di prendere in mano la situazione.


Finite le quattro o cinque partite di rito iniziatico, vi scontrate con il trauma dimensionale della bellissima scatola in latta (raffigurante interamente il sommo dado del Drago “quandocaloiosoncaz*ipertutti”), che porta le esatte dimensioni che in geometria vengono definite “combinazione del Quinonc’entra”. Adoro le iniziative di distinzione delle case editrici, se solo tenessero conto che non tutti abitano in una casa editrice sarebbe più facile trovare però un punto d’incontro tra i concetti di “ludoteca” e “spazio fisico”.

Per ora vado a cercare mio nipote, che voglio farmi una partita. Intanto potete sollazzarvi con personaggi originali come “la strega stregante” o lo “spirito fantasmico”.



PRO – vedi Dominion, aggiungi dadi!

CONTRO – vedi Dominion, aggiungi componentistica totalmente, notevolmente, deficiente.

LA GUASTAFESTE DICE – “Scusa bimbo, quanto ho fatto qui?”.

NOTE –  Indirizzo ai nuovi giocatori: inizialmente tenderete ad acquistare i dadi di valore maggiore che più si accostano alla “quiddity” disponibile, pensando di comprare sempre il meglio. Non è così, cercate di intravedere una strategia e perseguitela anche a costo di sprecare qualche punto (a meno che non arriviate ad acquistare i dadi uber alles come draghi da 8 o incantesimi da 9, che saranno una scelta azzeccata comunque), alla fine, male che vada, potrete incolpare la malasorte.

Attenzione, le previsioni danno tempeste di espansioni per questo inverno.

NOTEVOLISSIMA - la versione italiota.

7 commenti:

  1. Ma ti si è rotta la barra spaziatrice della tastiera? :D

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  2. Il destino dell'articolista: uno scrittore e mille correttori.
    Se poneste nell'acquisto di giochi la stessa attenzione che ponete nell'ortografia altrui, il mercato ludico offrirebbe solo prodotti di punta.

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  3. Se ponessi attenzione alla tua barra spaziatrice quanto sei permaloso non ci sarebbe bisogno di correttori :P

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  4. E se la barra spaziatrice avesse tre palle, allora sarebbe un flipper.

    Comunque devo provarlo, mi è parso pure un giochino carino, ma a patto che la durata sia decente. Almeno non ha il problema di Ascension, ovvero che va bene solo in due, ed ha un concetto di attacco - difesa ed interazione che, per quanto limitato e casuale, sembra funzionare.

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  5. @ Lukasz - E se tutti voi foste belli e intelligenti almeno la metà di quanto sono io, non ci sarebbe bisogno di barre spaziatrici.
    Grazie della segnalazione, spazi barrati.

    @ Llark - Ne rimerrari deluso. L'importanza della (limitata e comunque legata al fattore C) interazione emerge solo dopo alcune partite. La quantità di punti disponibili è così ridotta che non farne fare a gli altri è importante quanto farne. In questo la scelta dei dadi da acquistare è più importante di quel che appaia, e per ben fare si condiziona molta con le selte degli altri giocatori. Certo se poi ti ostini a lanciare "uno"... allora sei tu!

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  6. Culorriors. Comunque, caruccio. Davvero.

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  7. L'ultimissima espansione Quartifacts, che modifica due regole del gioco bilanciando notevolmente il culo ed aggiunge le "quest" in modo da permettere ai giocatori di variare strategia mandando i mostri a far punti in modo diverso, rende il gioco MOLTO più piacevole da giocare.

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