sabato 23 aprile 2011

Vasco da Gama – il 23 sulla ruota di Roma

Titolo: Vasco da Gama
Anno: 2009
Autore: Paolo Mori
Editore: What’s Your Game?
Tipo: Gioco da tavolo
Genere: Strategia
Meccanica: piazzamento lavoratori, poteri variabili
Numero Giocatori: 2-4
Durata: 45-90 min
Difficoltà: 3/5
Dipendenza dalla lingua: nulla
Illustratore: Mario Iannelli

IMMAGINI

Tanto rumore per nulla si potrebbe dire citando un famoso aerofago, non tanto riferendosi alla qualità del gioco quanto alla sua temibile meccanica di selezione dell’iniziativa, ma al tempo.

Il tema è chiaro, e indovinare cosa aspettarsi da quella bella scatola standard è facile come indovinare il numero che state pensando. In effetti si tratta dell’ennesimo titolo per 2-4 giocatori non proprio novelli che dovrebbe giocarsi in un’ora, cinque turni per trovare marinai giusti e capitani da imbarcare su più navi possibile con la maggiore rendita in punti, ciò usando quattro semplici azioni per riuscire nell’intento: comprare le navi, reclutare l’equipaggio, varare le navi, prendere possesso di uno dei quattro personaggi per ottenerne il bonus.
Cominciate ad abituarvi a giochi che si illustrano in quattro righe? Mi chiedo se l’editoria ludica stia cercando di promuovere questo genere di regolamenti per conquistare più facilmente nuovi giocatori o per venire incontro ad una generazione di giocatori la cui età avanza al ritmo in cui cala il livello d’attenzione, se a questo punto vi siete persi ho la mia risposta.

Il modo di arricchire Il piatto distinguendosi dal solito gioco tedesco Paolo Mori lo trova (sì, nella nazionalità, bravi, state sempre sul pezzo eh?!), lo trova dicevo, in un sistema di scelta dell’iniziativa che, non a caso, è piazzato proprio al centro della plancia: un bel tabellone da Tombola con tanto di numeri su cilindri lignei. Roba da cercare lenticchie e cocce di mandarino. E invece no, non si tratta di estrazione e nessuno ha la soddisfazione di gridare “Bingo!” (se non a fine partita e con relativi rischi di giustificabile linciaggio), semplicemente ogni volta che un giocatore piazza una delle proprie azioni da quella tabella sceglie un numero che ne indica l’iniziativa, determinandone l’ordine d’esecuzione rispetto ad ogni altra azione.
Ora immaginate quei due giocatori, quelli che riuscirebbero a paralizzare anche una partita a Tombola per decidere cosa mettere per coprire un numero o se annunciare un ambo, e metteteli di fronte ad una scelta del genere: non solo quale azione fare, ma decidendo a priori quando questa sarà svolta rispetto a tutte le altre che devono ancora essere piazzate attraverso la stessa scelta. Roba da chiudersi in casa e staccare il telefono.
E invece no.
La vera sorpresa del gioco è che nonostante questa meccanica più a rischio di una bistecca al sangue nella gabbia dei leoni, le partite scorrono rapide mantenendo una durata che veleggia intorno ai 60 minuti reali. Questo dipende da uno dei tre elementi casuali inseriti da Paolo, un omino che di turno in turno determina quale livello d’iniziativa sia (più o meno) quello da cui partire per non dover rimetterci quei sonanti danari a cui i giocatori sono tanto attacchi nel gioco quanto poco nella vita; ciò determina uno standard comportamentale tale da far apparire le scelte quasi scontate, rendendole importanti solo là dove necessario, ossia nei momenti di maggiore conflitto per una certa azione contesa.
Così l’impressione di gioco ostico, inattaccabile, inaccessibile, si scioglie rapidamente come il cono gelato quando avete finito i tovagliolini.

Ho parlato di tre elementi casuali, uno è appunto la tessera del turno che determina base dell’iniziativa e poco altro, gli altri due sono l’ordine in cui sono disponibili marinai e navi, entrambi pescati di turno in turno.
In un gioco dove ci sono solo quattro azioni questo potrebbe sembrare poco, e dopo aver giocato due o tre partite sembra esattamente così: il gioco infatti vi sorprende inizialmente per la confidenza che concede, vi culla con il viaggiare delle navi varate che avanzano portandovi i loro frutti, e vi fa sentire abbastanza bravi nel terminare le partite in un tempo sotto la media rispetto ai giochi della categoria, ma proprio rispetto a quelli dopo un po’ comincia a rivelarsi un po’ stretto, l’impressione di fare sostanzialmente una cosa sola diventa certezza e la differenza tra una partita e l’altra rimane solo l’esito. Che un gioco diventi routine può darsi, che lo diventi in poco tempo è privilegio dei giochi collezionabili, ma se collezionate giochi, andrà comunque benissimo.

PRO – componentistica, comprensibilità, durata.

CONTRO – longevità, varietà.

2 commenti:

  1. Due considerazioni:
    1. Il gioco è più profondo di quello che sembra.
    2. Il gioco è mooolto più lungo di quello che sembra (proprio per il punto n.1)
    Non ho mai giocato una partita in 4 in meno di 1 ora e 30... ma è molto più probabile arrivare a 2!
    All'Italian Master sono state concesse 2:30 più di caylus... ;)

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  2. Partendo dal presupposto che chi compete torneisticamente con dei giochi da tavolo ha dei problemi che non sta a noi cercare di risolvere (ma di criticare sì), mi direi profondamente d'accordo con te:
    1. il gioco infatti sembra proprio più profondo di quel che è.
    2. i giocatori possono essere mooolto più lenti di quel che ci si aspetterebbe da un comune mortale.
    Suvvia, 4 azioni (e non sempre tutte possibili), due risorse palesi e un indicatore di costo per l'iniziativa, a cosa vuoi pensare tanto a lungo? "cosa avrei voluto giocare in queste due ore?", "perché ci sto pensando tanto?", "ma toccherà a me?".

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