lunedì 10 settembre 2012

London - porre fine alle sofferenze. Ah no, era inizio.

Modella: Claudia Crocetti
Fotografo: Leonardo

Titolo: London
Anno: 2010
Autore: Martin Wallace
Editore: Treefrog Games (ing)
Tipo: di carte
Genere: gestione carte
Tema: triste Londra 1800
Meccanica: draft, poteri variabili
Giocatori: 2-4
Durata: 90'/140'
Difficoltà: 3/5
Dipendenza dalla lingua: un po' di testo, su qualche carta.
Illustratori: alla memoria di M. Atkinson, P. Dennis, S. Jannerland
Gallery

[scritto da il Puzzillo]




London è senza dubbio il titolo più qualcosa dell'autore più premiato della storia.
O era sopravvalutato? Confondo sempre.

In realtà crediamo nei premi quanto un aborigeno in Allah, è solo che ci tenevo a presentare il famoso Martin Wallace con tutti gli onori del caso.
Avremo più avanti una lezione intera su Wallace, per ora ci accontenteremo di ricordarne gli aspetti che c'interessano.

Non tutti sanno, ad esempio, che Wallace in gioventù era soggetto a gravi atti di bullismo, uno degli episodi più gravi avvenne proprio sotto gli occhi della maestra di disegno: venne crocefisso su dei tubi porta fogli, punzecchiato con i pennarelli e infine avvolto in una tavola cromatica e sepolto nei fumetti, da dove uscì solo dopo tre giorni, trovato dalle bidelle e rimandato dal padre.
Come è comprensibile, da allora, egli non volle più saperne nulla di disegni, colori ed estetica in generale. Il che, con la volontà di auto prodursi, ha dato dei risultati che gli studiosi definiscono "antimateria grafica" o, più gergalmente  "Zu spat fur Imodium".

Questo aneddoto ci aiuta a capire e apprezzare lo sforzo nel concedere più di un colore a London, anche se pare che la copertina sia stata realizzata inavvertitamente da un operaio delle stamperie, convinto di un errore del "visto si stampi" presentatogli da Wallace. Informato dell'accaduto, per la rabbia, si è ritirato in un ameno paesino dandosi per un lungo periodo alla produzione di birra artigianale.
Wallace invece continua a fare giochi.

Il risultato è che il tabellone rappresentante la città è un dolore per gli occhi e per il cuore, le carte hanno immagini raffinate racchiuse in cornici da prototipo non desiderato, di quelli che nemmeno la mamma l'avrebbe voluto, e i tasselli rappresentano una protesta a quanto di bello l'umanità abbia prodotto fino ad oggi.

Grazie alla mancanza di elementi di distrazione come, che so, la grafica, è possibile ammirare le spoglie meccaniche del gioco, al solito un meccanismo semplice e preciso, un orologio a pendolo.
Di quelli che suonano echeggianti rintocchi.
Ogni mezz'ora.
Per intenderci, quelli che rompono i coglio*i talvolta possono disurbare.

"Quindi è un gioco qualsiasi di Wallace?" si chiederanno i lettori più attenti, o almeno quelli ancora svegli.
Sì, ma in questo caso si trova il tentativo di inserire un elemento "nuovo", ossia fare la solita cosa ma facendo girare una gran quantità di carte, il che ha creato qualche problema in fase di sviluppo, richiedendo interventi  sostanziosi e sostanziali ai quali Wallace è normalmente restio.
- Ci siamo resi conto che il gioco come l'avevamo nella prima versione era terribile.
Ha ammesso coscienziosamente Wallace
- Aveva già perso tre playtester nell'early prototype, la polizia si stava insospettendo.
Ha precisato la moglie

Alcuni aspetti della prima versione sono però rimasti, venendo in contro alle esigenze dei giocatori, accortezze quali realizzare due carte diverse che indichino una la dicitura "pick up" e l'altra la dicitura "take", per indicare, come specifica il regolamento, "la stessa cosa".
Maestro.

Alla fine Martin è riuscito a realizzare questa specie di Race for the Galaxy con poca race e senza galaxy, in cui si pescano carte (spesso scarti altrui), per scartare carte per giocare carte. Se da tutto questo si è ricavato qualche denaro, è possibile prendere possesso di qualche quartiere londinese per ottenere punti e pescare altre carte, per scartare carte per giocare... vabbe' avete capito.
Il vero fulcro del gioco sono però i poveri. Ah, i poveri. Chi non odia i poveri? Ecco, London è una gara a chi odia di più i poveri, a chi riesce a "sistemarne" di più fuori dai propri quartieri. O sotto. Che alla fine la differenza in poveri tra i giocatori indica una sostanziosa differenza in punti.
I punti sì. che vi aspettavate?

Scarto Covent Garden per costruire la Compagnia delle Indie, poi scarto gli Ugonotti per riprendere Covent Garden e le navi a vapore.
Ora, l'immedesimazione nel tema non la riusciamo ad ottenere da altri, non vedo come pretenderla da un autore i cui titoli sono utilizzati per gestire la scala dell'angoscia. Ad esempio una malattia non grave viene indicata al valore di un Tinners' Trail, mentre la morte del gatto domestico equivale ad Age of Steam.
London è due punti oltre.

Quindi l'ambientazione è tristezza, ed è ben azzeccata. Pensiamo al gioco.
Il gioco, come abbiamo accennato, ha diversi elementi d'interattività, dagli scarti rimessi in gioco (e non solo gastricamente parlando) all'acquisto dei lotti in città, dai poveri posseduti alla resistenza allo Zu spat fur Imodium.
La sensazione dell'interazione però è talmente impalpabile che quando appare lo fa come il controllore sul treno della speranza. In somma, Martin, anche laddove ve ne foste dimenticati, vi ricorda che la vita è dura.
La scelta, solitamente, è quella di giocare da sé a seconda delle convenienze del momento. Proprio come in certe vite dure.

Come in Race for the Galaxy il vedere ma non poter giocare tutte le carte che si hanno in mano illustra abbastanza bene la sensazione che ci danno le nostre modelle fuorilegge. Almeno delle carte però con qualcuna è possibile giocarci.
Il disagio, oltre quello estetico, causato dal gioco, sta proprio nella gestione delle carte: molte carte attirano molti poveri, poche carte non bastano per giocare. Che fare?

Come accade nei peggiori giochi o nei party game (o peggio ambo le cose), la dipendenza dall'umore dei partecipanti è fondamentale. Ora, se siete tutti dell'umore giusto, potete risolvere il problema richiudendo la scatola e cercando qualcosa di divertente, ammesso che siate più in grado di divertirvi dopo tale esperienza; se invece qualcuno vuole, o più probabilmente deve, giocare tutta la partita, non vi rimane che ripetere il ciclo di semplici azioni "pesca, scarta, cala/attiva" meccanicamente e sperare che finisca presto il che, ovviamente, non avverrà.

Nella malaugurata ipotesi invece che il gioco vi abbia ben conquistati, oltre che preoccuparvi per la vostra salute mentale, dovrete stare ben attenti alle vostre scelte: sbagliare in London è grave quanto sbagliare durante un'orgia. Il consiglio basilare è "attenti a dove mettete le mani".
Il risultato dei diversi gradi di disturbo, di attenzione e di fortuna portano il punteggio di fine partita a forbici da inaugurazione cittadina. Quasi come la selezione all'ingresso non fosse bastata a scremare giocatori.


Un ringraziamento al fotografo Leonardo e alla nostra modella di oggi, Claudia, che ci ha sorpreso anche con altre notevoli capacità, delle quali forse presto potremo darvi fulgido esempio, qualsiasi cosa questo voglia dire ma, come si usa nel'ambiente ludico, ogni informazione è top secret.


9 commenti:

  1. Adoro questo gioco.. conoscete un buon psicologo?

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  2. Tranquillo, entro certi limiti è normale. Generalmente passa con il tempo.

    Basta che aggiusti "adoro" in "tollero" e che la cosa non si ripeta con troppi giochi, soprattutto di Wallace.

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  3. allora mi sa che sono già terminale. Sappi che lascerò tutta la mia collezione di giochi di Wallace in eredità al Puzzillo...

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  4. Dico che sarebbe una collezione pregiata per il nostro museo dei giochi brutti.

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  5. No, grazie, a casa mia non c'è più posto :|

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    1. Dai che un cantuccio per l'ultimo gioco brutto si trova sempre...

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  6. Maledetti bimbi poveri. Maledetti.

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    1. Però ce la parte bella in cui si possono usare come impasto per le costruzioni, che è il vero motivo per cui diminuiscono giocando "certe carte", una perla di rara saggezza.

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  7. Guarda, un aspetto fantastico del gioco è usare un po' di sana e malata immaginazione per re-interpretare le carte che "fanno sparire" i poveri, tipo le fogne.

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