Titolo: Ora et Labora
Era ora che il buon Uwe desse il colpo di grazia al genere che lo ha reso famoso, ormai quasi famigerato, nel mondo dei giochi per adulti (e finitela di cercarlo su you porn).
Ovviamente parliamo dell’ambientazione prendi materie, trasforma materie in altre materie, trasforma materie trasformate in altre materie, trasform… ah no, conta i punti.
Nato sulla carta dopo Agricola e Le Havre, ma ben prima nella mente dell’autore, Ora et Labora è uno di quei giochi in grado di rendere felice tanto l’editore quanto l’autore, che tanto hanno “orato” che i giocatori come iene si fiondassero anche su questa scatola sbranando la carcassa di un animale caduto esausto. Un po’ come hanno fatto i suddetti su tema e meccaniche.
Padre e figlio di Agricola e Le Havre, dunque figlio di sé stesso, ricordando una serie di leggende che oggi ci rendono difficile la ricerca sulle cellule staminali, questo gioco si anima, come le leggende di cui sopra, di una serie di originalità uguagliabili a mala pena dal tatuaggio tribale sul braccio destro.
Si comprano costruzioni che si piazzano sulla propria bucolica plancia, quelle costruzioni serviranno a trasformare risorse in altre risorse, che poi saranno trasfor… vabbe’ conoscete la storia, e ovviamente, si raccolgono risorse da trasformare. Ma l’originalità, vedrete, salterà fuori. Magari non dalla “ruota delle produzioni” che fa aumentare la quantità di risorse non raccolte, magari non dalle solite risorse, né dalle costruzioni disponibili, né dal consueto modo di usarle, né dalle plance dei giocatori, né dall’utilizzo delle monete, né … be’ salterà fuori, magari con una botta d’Alzheimer.
Per ora vi accontentate delle originalità raccolte dai giochi già provati: i tasselli delle risorse double-face (da Le Havre) che sono belli, pratici ed eleganti come mutandoni di sale iodato da cerimonia, le plance da ripulire da legna e torba che puzzano dei Contadini della Brughiera di Agricola lontano un miglio, o meglio, dei cadaveri di quelli, schiacciati dal proprio negabile successo; e ancora, le costruzioni/azioni che escono fuori in escalation, apparse in Agricola, Le Havre, Caylus, in edicola e dallo Zozzone a Porta Maggiore, e che possono essere utilizzate anche se di proprietà di altri giocatori, con coercitivo e intrattabile pagamento: il meglio della pianificazione.
Solo una serie di meccanismi legati allo scorrere dei turni, per far andare le cose come devono andare, appare un pelino più complicato di quello che sarebbe stato dicendo “fate quello che dovete fare”. Come abbiamo appreso giocando ad altri titoli di Uwe infatti, la libertà d’azione concessa ai giocatori ricorda molto quella lasciata dalla propria divinità ai monoteisti: “fai come vuoi purché tu faccia come dico io”, altrimenti alla fine ti ritrovi a contarti le monetine di cioccolata da solo in qualche angolo dell’inferno (che poi era la libertà concessami dalla mia ex, ma questa è un’altra storia. Toh, eccone un’altra al latte!).
In effetti la sequenza di costruzioni non ha elementi di casualità, e quella del gioco, come la vita, è una ruota (o una palla, per altri). Questo mentre le scelte dei giocatori sono, di conseguenza, piuttosto indirizzate, tanto da farlo immaginare come un “gioco risolto”, ma non ci addentreremo nell’odoroso mondo delle considerazioni matematiche, essendo fuori dalla portata del nostro, comunque “capace”, naso.
Possiamo però passare a considerare la cattiveria con cui si sia scelto di produrre quelle costruzioni sotto forma di piccole carte, probabilmente in combutta con l’associazione mondiale oculisti affamati, considerato il fatto che, come in Le Havre (l’abbiamo detto che alcune cose non sono propriamente originali?), è possibile utilizzare le costruzioni di un altro giocatore. Non solo, cattiveria per cattiveria, è possibile farlo utilizzando uno dei suoi tre omini, dietro lauto compenso di una monetina, roba che manco Giuda… comunque, questo più che aggiungere variante al gioco, pare l’elemento in grado di far sì che in una mossa vi si lasci a giocherellare con una monetina di cioccolata per il resto del turno e, probabilmente, durante il conteggio dei punti. Per lo più si scampa a questo tipo di avvenimenti per la fatica che richiede porre attenzione alle rigonfie plance degli altri giocatori oltre che alla propria, dovendo considerare per giunta le adiacenze ortogonali della costruzione bersaglio per le attivazioni possibili. Chiaro? No? Appunto.
La variante al gioco si ha invece con la presenza di due mazzi di azioni/costruzioni diverse, uno per il gioco in stile francese (con la lavorazione del pane e delle uve cui Uwe deve essersi dedito con dovizia) e uno per lo stile irlandese (con il whisky e le birre che lo stesso Uwe al momento non è più in grado di distinguere), differenza di sostanze che sostanzialmente non cambia la sostanza, se non per i controlli della stradale, ma più per curiosità che per altro.
Per altro invece sono apprezzabilissimi i “quick reference sheet” adottati per stare appresso alle costruzioni e ai loro numerosi particolari: un foglio excel ridotto a carattere men che minimo in cui è stipato, in effetti, tutto il gioco. Peccato doversene servire.
Avrete notato che abbiamo parlato di ambientazione di materie, ma il tema c’è, ed è uno.
Uno qualsiasi per l’esattezza.
Se in Agricola infatti steccati, pecorelle e campi arati potevano ricordare qualcosa di vagamente… agricolo, in Ora et Labora potremmo avere dell’energon e del plutarzio utilizzati da uno Smiz di Giusta-Scauri H32, senza perdere in credibilità e aderenza. La forza delle meccaniche.
Da non sottovalutare, in considerazione dell’acquisto, l’opportunità del solitario.
Quando l’herpes genitale diventa un problema serio.
PS si tratta di monaci. Credo.






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