martedì 7 maggio 2013

Tokaido - approvato dal ministero della semplificazione

Leonardo foto (noto nell'ambiente
per l'evocativo cognome) ci offre questo scorcio
seppia (il seppia è a metà tra colore vero
e bianco e nero, più artistico del primo e
comunque meno impegnativo del secondo,
lo scorcio però è di traverso, e il traverso
è molto artistico, quasi dannato
)
della versione più turisticamente orientale
della nostra amica (o almeno spero per qualcuno
di noi che lo sia) Adele Brandaglia, mai in questa
immagine così tanto come in questa immagine.
Titolo: Tokaido
Anno: 2012
Autore: Antoine Bauza
Editore: Asterion, Fun Forge
Tipo: gioco da tavolo
Genere: passatempo
Tema: turismo
Meccanica: compra le carte, giramento di carte, scala quaranta.
Giocatori: 2-5
Durata: 30'-60' (ma tra le varianti c'è l'opzione "raddoppia")
Difficoltà: 1/5
Dipendenza dalla lingua: nulla, dipende invece dalle immagini quasi quanto Dixit.
Illustratori: X. G. Durin.
Gallery

[La Guastafeste]

Da piccola mi hanno insegnato che è sbagliato dire "mi fa schifo", al più si può dire "non mi piace", ecco, Tokaido non mi piace al cazzo.

Tokaido è presentato come un "gioco Zen per donne", "come fosse antani con scappellamento a destra mentre gli uomini giocano a giochi veri". Le definizioni per un gioco del genere si sprecano, nel senso di tempo, tempo sprecato.

Ad attrarre le "donnine porta gamer" è il bianco dominante del tabellone, un concentrato di nulla volto a rappresentare il contenuto del gioco stesso e in grado di rassicurare gli animi più pavidi. Durante Play si è vista persino una madre non ritrarre la figlia a strattoni dal tavolo, come invece di consueto avviene.



A contorno del vuoto cromatico una serie di immagini pastello da mercatino giapponese: Una vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù, sushi e sashimi, qualcosa che rende più l'esperienza di uno shopping folcloristico che non di un gioco competitivo.

Il testo del regolamento è talmente pieno di esempi e specificazioni da sembrare la confessione dell'autore per il reato di circonvenzione d'incapace. L'opera di Bauza infatti tenta di raschiare il fondo del barile dell'umanità, andando a pescare quelli a cui l'accesso a 7 Wonders è stato negato dalle proprie facoltà mentali.

Anche Antoine ormai la sua idea l'ha avuta, quindi non si discosta dal suo più popolare 7 Wonders e ripiega semplicemente sulla semplificazione, colpito dal morbo di Disney trasforma le carte blu che danno da due a tanti punti in carte celesti che danno da due a tre punti, poi ricicla i sistemi di punteggio del set collection (badando bene di illustrarli praticamente caso per caso, che nemmeno la pubblicità su come apporre la X nelle schede elettorali) e riduce quel brutto coso che era il draft, anche detto "Mostro della Scelta" dai babani, relegandolo a un ruolo più marginale di quello di Stan Lee in Ironman 3.

Niente "meraviglie", sono una roba troppo grande e troppo storica per quelli che, appena usciti dalla comunità di recupero, siano caduti in un negozio di giochi, anzi è lì pronta una variante che suggerisce di non utilizzare nemmeno il personaggio che concede un "potere speciale". Il "potere" fa paura (una versione pavida di "siamo la gente il potere ci temono") e "speciale" ce li chiamava la mamma, quindi via.

Per dare sicurezza invece è sempre presente la possibilità di "prendere tre monete", il classico non tradisce mai, come non tradiscono mai le caselle di gioco, che offrono vantaggi sotto qualsiasi forma possibile, in modo che il giocatore non sia mai deluso, anzi ricompensandolo fino alla fine per aver fatto ciò che non poteva evitare di fare: andare avanti.

Un po' come in Cartagena infatti i giocatori si trascinano sull'unica linea che è il percorso di gioco (hai visto mai dovesse apparire il Mostro della Scelta), prendendo di volta in volta il bonus o la carta relativi alla casella. Avanti, piano, fino alla cassa, dove si pagano i conti e s'incassano i buoni.
Lo shopping è finito, andate in pace. Pace Zen. Tarapia Tapioca.


14 commenti:

  1. Secondo me con 'sta produzione immonda siete stati troppo buoni.

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    1. Che vuoi farci, le donne son così, pensano ai figli e s'inteneriscono. Poi, quando ce li hanno tra le mani davvero, gli menano.

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  2. E' vero potevate stroncare di più sto gioco orrendo.

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  3. Dico solo questo:
    Io: "Ciao, vorrei comprare Tokaido".
    Negoziante: "Ma è 'na merda!"

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    1. Negozianti, paradossalmente è l'unica categoria del circuito di cui ancora possiamo provare l'onestà...

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    2. E comunque la cosplayer non arriva alla gnoccaggine della "vera" Lulu, sorry.

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    3. Sono sicuro che hai un successone con le donne.

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    4. Se bisogna essere puzzillosi bisogna esserlo con tutto, cazzo.

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    5. Concordo sull'essere puzzillosi con tutto, è questione di coerenza esistenziale.

      Ma per me questa non solo è vera, ma è anche l'unica "Lulu", e garantisco personalmente per la sua sconsiderata gnoccaggine.

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  4. Ce l'ho e me ne vergogno tanto da preferire l'anonimato.
    La mia ragazza lo reclamava, come ogni cosa a tema Giappone, anche fosse carta igienica. Usata.
    Purtroppo sono debole e non riesco a dirle no. Soprattutto se i soldi sono suoi. Posso però affermare che la maggior parte dei giochi brutti sullo scaffale sono colpa sua. La cosa triste è che lo scaffale è mio.

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    1. Ti siamo vicini.

      Con l'aggravante che la massa di giochi pessimi sui nostri scaffali è di nostra responsabilità.

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    2. E pensa all'ulteriore aggravante di chi i giochi pessimi sui suoi scaffali contribuisce pure a pubblicarli...

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