lunedì 21 gennaio 2013

Seasons - brace yourselves...

Martina SweetieLiz Pusceddu
rappresenta per noi la migliore
interpretazione di "magia a caso"
attraverso lo scatto di Alessandro Firmalli

Titolo: Seasons
Anno: 2012
Autore: Régis Bonnessée
Editore: Asmodée, Asterion
Tipo: gioco di carte
Genere: drafta e cala
Tema: magia
Meccanica: giramento di carte (e di dadi), piazzamento omini senza omini
Giocatori: 2-4 (o 2-2 se volete evitare la nausea)
Durata: 40'/120'
Difficoltà: 3/5
Dipendenza dalla lingua: completa, ma anche dalla buona vista, considerato il testo delle carte.
Illustratori: X. G. Durin
Gallery

[il Puzzillo]


Ne avevamo già vomitate sostanziose prime impressioni, ma Seasons si è dimostrato molto più impressionante di così, quindi cerchiamo ora di essere più chiari.

Considerando che la maggior parte delle volte lo vedrete interpretato come un gioco da due, possiamo annotare Seasons come la peggiore copia di magic in circolazione, in cui sono stati (nel migliore dei casi) ignorati gli elementi di successo del titolo di Garfield mentre si sono alimentati quegli aspetti che salvarono Magic dall'oblio da cui, se c'è una giustizia, Seasons verrà presto divorato.

Questo non vuol dire che i due giochi siano davvero paragonabili, farlo non sarebbe più sbagliato che definire cantautore Belen Rodriguez, ma le radici del lavoro di Bonnessée sono evidenti come il marcio dei suoi frutti. E noi, che di marcio ce ne intendiamo, li assaggiamo tutti per voi. E ci lecchiamo pure le dita.

Il primo passo per trasformare Magic in un (pessimo) gioco da tavolo per quattro persone è senza dubbio dargli forma fisica, o almeno provarci. Conscia di non poter fare meglio della Wizards, la squadra francese (!) autore-editore punta molto sull'aspetto, dadi grossi e colorati, carte grosse e colorate, plance piccole e sagomate, tasselli tanti e robusti, cubetti di legno...
Cubetti di legno. Tra grandi dadi di plastica e sagome particolareggiate, a che serviranno tre mezze dozzine di cubetti di legno? A segnare punti e livelli sui più piccoli numeri delle plance. Ma le plance sono sagomate, avranno i fori per inserire i segna punti, cacchio, hanno anche il buco in cui mettere il dado che hai scelto, tante volte te ne dimenticassi... e invece no. Così il primo pensiero corre veloce come un calcio nel culo all'editor del gioco, che ha scelto di segnare qualsiasi cosa ci sia da segnare, in questo gioco di lanciare grossi dadi, con dei leggeri cubetti di legno che con eccesso di zelo coprono, oltre al proprio numero, anche un paio di quelli accanto.
- "Chi ci baderà?"
Nessuno, al limite un giocatore, ma per spezzare una lancia in favore del suddetto diversamente abile la domanda "chi avrebbe mai potuto immaginare che qualcuno l'avrebbe davvero giocato?", è più onesta di quanto non appaia a chi non abbia letto il regolamento. Ma di questo ne parleremo più avanti.

Dunque disponiamo le piccole plance dei giocatori, gestendole con un'attenzione che nemmeno Indiana Jones nel tempio maledetto, poi l'imbarcata plancia segnapunti e i suoi anche qui pericolanti cubetti, e infine la plancia segna turni, da porre idealmente al centro del tavolo, dove invece vorreste lanciare i dadi che tutti dovrebbero vedere, ma dato che la capacità media di gestire il lancio di mezzo chilo di dadi per l'istat è pari alla capacità media di gestire un branco di rottweiler affamati e castrati di fresco, è meglio trovare un posizionamento più discreto. Discrezione che il gioco mostra solo nel testo delle carte, infatti lì l'editor, probabile preda della vergogna per plance e cubetti, ha sussurrato gli effetti sulle carte in corpo 2, manco fossero postille al patto col diavolo. 
Nel dubbio voi non firmate, il rischio di dover passare l'eternità nel girone degli editor stron*i è piuttosto elevato. Comunque, belle le illustrazioni delle carte, soprattutto quelle in cui non si capisce un caz*o, che fanno pendant col testo.
Soddisfacenti invece dadi e tasselli delle risorse, grossi e colorati. Da un daltonico infame. Davvero, quale mente può partorire (in rigoroso ordine di decenza):
acqua - blu
terra - verde
fuoco - giallo
aria - rosso
no davvero, tipo una roba così.
A meno che non arrivi l'espansione "chi sbaglia a nominare un accoppiamento colore/elemento perde la partita", non vedo motivo per lasciar vivere chi abbia ordito questa trama cromatica. Ma anche fosse...

Tra il tanto e il troppo manca invece un distintivo per il primo giocatore, sulla cui apparente inutilità vi ricrederete già da metà partita. 

E fin qui la parte migliore del prodotto.

Poi arriva il gioco.

In generale possiamo dire che ci avviciniamo a una versione di Magic in cui passate tanto di quel tempo ad accumulare mana da dimenticarvi che diamine dovevate farci. Ciò anche a causa delle sogghignate risate ogni volta che qualcuno chiami il "mana" "mana", i "punti" "punti" e il "tappare" "tappare", alla faccia dei vari "energie", "cristalli" e "ruotare la carta in modo che sia comprensibile che sia stata utilizzata per questo turno, ma in modo da poterla riportare nella posizione originale all'inizio del nuovo turno, così da poterla utilizzare nuovamente ruotandola alla medesima maniera di prima, eventualmente pagando il costo indicato".
- "Chi ci baderà?"
Già sentito...

A colpire è però prima di tutto l'introduzione, presentata in tre formule (che per non umiliare ulteriormente chi se ne sia occupato ridurremo a due), "prima partita" o "avanzata". Nel primo caso si formano dei mazzi di carte precostituiti per ciascun giocatore, nel secondo si pescano le carte necessarie e si effettua un draft coperto in piena regola (più o meno quello che per l'autore di 7 Wonders è un gioco finito). In ambo i casi ogni giocatore alla fine avrà ricevuto un mazzo di nove carte da suddividere in tre mazzi da tre, che riceverà all'inizio di ogni terzo di partita.
Come direbbe un colto amico "introduttivo un cazzo".
Come per la scelta dei colori di cui sopra, anche qui mi sorprendo a domandarmi quale mente può aver partorito un setup da prima partita in cui si chiede ai giocatori:
A) di cercare 36 specifiche carte in un mazzo da 100 (con i numerini indicati con discrezione da 007). 
B) suddividerle in un certo modo.
C) scegliere quali di quelle ricevere nelle fasi successive della partita di un gioco che non conoscono ancora.
Questo mentre il draft della versione "avanzata" pare non essere altro che una scusa per equilibrare col culo gli effetti delle carte stesse. Il mercato si gestisce da sé. Ossia è sempre bello dare un modo per rovinare una partita prima che inizi.
Ci troviamo comunque di fronte a dei setup dalla durata ingiustificabile per un gioco in cui sono casuali le carte, casuali i dadi e casuali i lanci, e comunque inaccettabili per un gioco del 2012, o 2010, o 2000. Più anacronistico del catechismo.
A tal proposito voglio però sottolineare la mia adesione alla lotta al preservativo: perché ricorrere a questo strumento sì contro natura quando si potrebbe gestire tutto con pillola ed igiene personale?

Divago, ma c'è tempo, il draft è lungo, e comunque vai un po' a sapere quando sarà meglio giocare una carta che non sai quando potrai giocare...

La vera utilità di un setup così lungo la si capisce però col procedere della partita, andando avanti di fatti gli effetti delle carte giocate si accumulano e si confondono, venendo anche spesso dimenticati per il dilatarsi dei tempi morti, senza considerare la possibilità nemmeno tanto recondita di passare più di un turno nell'inattività più totale il che, combinato alla possibilità che almeno un altro giocatore inanelli una strana serie di effetti combinati, può risultare in uno stordimento da cicagna paragonabile solo alla visione di un gran premio commentato da Marzullo.

Questo, aggiunto all'impossibilità di reagire, o agire fuori dal proprio turno, rispetto alle giocate avversarie, trasforma l'attesa in frustrazione e, più in generale, nell'inutilità quasi totale della propria presenza al tavolo, un po' come una cena con i suoceri.

Quello che accade, ripetendosi alla nausea, è che il giocatore di turno lancia i dadi relativi alla stagione raggiunta, a partire da lui ogni giocatore ne sceglie uno per sé e in ordine ne ottiene i bonus indicati, dal mana necessario a giocare le carte ai livelli d'invocazione necessari a giocare le carte, dai punti vittoria necessari per giocare le carte (o per vincere, o per immolarli alle poche carte interattive avversarie) alla possibilità di pescare una carta necessaria per vincere (eh, e so' punti). Dopo di ciò la possibilità di giocare e attivare carte, se ve ne ricordate.

Ovviamente diminuendo il numero di giocatori alcune cose cambiano, da una parte i tempi morti diminuiscono, dall'altra alcune carte perdono più senso che utilità. Ma la parte che preferisco è quella in cui si dice che in meno di quattro giocatori è sufficiente togliere un dado di ciascun colore per ogni giocatore mancante. Semplice. A meno che uno non si accorga che i dadi di ciascun set non sono uguali tra loro, e che toglierne uno piuttosto che un altro sarebbe come dire che giocando a poker in tre basti togliere sei carte qualsiasi.
- "Chi ci baderà?"
A questo punto una filosofia.


La soluzione è però dietro l'angolo: "a caso".
E ci mancava un po' di caso. (E comunque per i giochi in cui si debbano pescare dadi a caso, gli editori mettono sacchetti nella scatola; non bastano due disegni per fare gli splendidi, Dixit deve rimanere un'anomalia).

Come se poter pescare una carta "eccoti trenta punti gratis" con la medesima probabilità di pescare una carta "prot" non fosse abbastanza. Diciamo che se si estraessero anche un paio di giocatori potrebbe dichiararsi il gioco più a culo degli ultimi anni, anche se l'impressione è che la vera botta di culo a Seasons sia non giocarlo affatto.

Alla fine avrete un tavolo così pieno di carte sparse, "ruotate" o messe da parte, tasselli dell'aria rossa e del fuoco giallo, e dadi inutilizzati e dadi lanciati finiti su chissà cosa, che sarete persi alla ricerca del vostro cubetto del punteggio chiedendovi perché non avete utilizzato tutto quello spazio per un gioco vero e tutto quel tempo per, che so, divertirvi.

Seasons rimane a metà tra uno specchietto per allodole e un'occasione persa, di quelle che fanno esclamare "ma come diamine avete fatto a cannare?" o "estiqaatsi?".





4 commenti:

  1. Non avete infierito sugli inutili "AIUTI" che il gioco mette a disposizione 1 volta per partita ciascuno!
    Sono più i punti che tolgono che quello a cui servono ... come lanciarsi su una corazzata con una Caccia 0 !!!!

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  2. Arrivare così in profondità? Non fa già male abbastanza?

    Comunque quegli "aiuti" non sono altro che una rivelazione dei possibili buchi del gioco dati dalla notevole casualità degli elementi, in particolare l'eventuale impossibilità di acquisire livelli d'invocazione può bloccare completamente il gioco. Di qui la scappatoia di quei bonus convenienti come un prendi uno e paghi due.

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  3. Quando me l'hanno spiegato, quelli non me li hanno presentati come aiuti, ma come modi per incasellare combinazioni aggiuntive.
    Non è che servono a chi è indietro per recuperare, servono a chi sa giocare meglio (e sa sfruttarli senza andare in rimessa) per prendere ulteriormente il largo. Non so cosa sia peggio.

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  4. ora dopo Seasons attendo la vostra rece di Magi... ehm Mage wars! ... asterion ci piglia il vizio!

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