martedì 11 dicembre 2012

Tzolk'in - insalata di paraculite

Sunita Sunymao Zucca immortalata
da Massimiliano Pellegrini
Titolo: Tzolk'in
Anno: 2012
Autore: Daniele Tascini e Simone Luciani
Editore: Cranio Creations
Tipo: gioco da tavolo
Genere: gestionale
Tema: paraculo ("furbetto", fuori dai confini laziali)
Meccanica: cubetti, piazzamento omini
Giocatori: 2-4
Durata: 90'/120'
Difficoltà: 4/5
Dipendenza dalla lingua: nulla
Illustratori: Milan Vavron
Gallery

[il Puzzillo]

Quando anche il tema del Gioco Inedito 2012 si svelò lo scorso anno come "la fine del mondo", tutti pensammo, "Davvero, ma quanto potrebbe essere limitante e di cattivo gusto realizzare un gioco con il tema legato a 'sta cazzata del calendario maya e della fine del mondo?".
Ora lo sappiamo.


E chi meglio di una coppia d'italiani avrebbe potuto farlo? Insomma, siamo i napoletani che copiano i cinesi che copiano gli italiani, chi altri se non due di noi?
Così ecco apparire il più classico dei gestionali alla tedesca, divenuto famoso ancor prima della sua uscita come "quello col nome del ca**o che fanno i polacchi", con una commistione di scelte editoriali non felicissime e discrete ignoranze da parte del più classico pubblico di giocatori (a parte il nome imbarazzante, la prima produzione è stata dei cechi della CGE). Altro elemento utilizzato per la generazione dell'hype, irrinunciabile per un gioco che voglia vendere più delle trenta copie necessarie a ripagare l'intera produzione, sono state le pubblicizzatissime ruote, tanto che in qualche database il gioco veniva taggato "corse" "auto" "meccanici" "pit stop". Come per il tema, anche la scelta delle ruote ad ingranaggio nascono dal rapporto che i due autori hanno avuto con l'originalità. Ammesso che "repulsione" e "allergia" possano considerarsi rapporti. (Senza che poi 011 ne fosse fiero padre, s'intende).

In copertina la considerazione per Simone Luciani.
Torniamo al tema. Tzolkin: il calendario maya, nulla di più azzeccato per cavalcare l'onda ed immergere i giocatori in questo ambiente di divinazioni e presagi, di sventura e collasso. Dice Wikipedia "Tzolkin è un almanacco sacro costituito da un ciclo di 260 giorni usato in tutto il Mesoamerica. Era la chiave per il calendario rituale e formava la base per le profezie e le divinazioni. [...]" e "I giorni dello Tzolkin venivano raggruppati in un giro di venti giorni uniti a tredici numeri. Ogni nome e ogni numero aveva il suo dio protettore e la sua associazione soprannaturale. Nomi e numeri giravano continuamente, per cui la sequenza cominciava con il numero 1 ed il primo nome (il numero precedeva sempre il nome) fino ad arrivare al 13, poi i numeri ricominciavano mentre i nomi continuavano la loro sequenza fino arrivare al ventesimo nome. Questo, a sua volta, veniva seguito da un ritorno al primo nome dei giorni preceduto dal numero corrispondente. L'intero ciclo comprendeva 260 giorni che venivano usati in tutte le possibili combinazioni fino ad esaurimento per poi ricominciare dall'inizio.".
Una nozione fondamentale per comprendere la ruota da 26 denti al centro del tabellone, la sua relazione con le tre ruote da 10 e con quella da 13 e, soprattutto, per non perdere il contatto con l'ambientazione nel momento in cui queste ruote concedono risorse o azioni di valore crescente mano a mano che linearmente avanzano lungo il proprio circolare percorso. 

Attenti.

Piazzate omini sulle ruote che di turno in turno li fanno avanzare, migliorando la loro resa. Ritirate gli omini per raccogliere le risorse e attivare le azioni per utilizzarle. Realizzate costruzioni per godere dei bonus o monumenti (costruzioni più costose) per ottenere altri bonus più redditizi, piazzate i teschi di cristallo sulla ruota di Indiana Jones per fare qualche punto, avanzate sulla tabella "tecnologica" per avere dei potenziamenti sulle rese degli omini o avanzate sulla track delle tre divinità per ottenere risorse o punti.
Ripetere.

Non vi sentite completamente pervasi da questa ineluttabile sensazione di divinazione infausta? 
Una cosa tipo "Te l'avevo detto", per dire.

Una sapiente combinazione di "tema appiccicato" e "giavvisto" da fare invidia alle regioni nel gioco dei pacchi.

Un po' di Agricola qua, un po' di Mac Gerdts là, un pizzico di 011, una caccola di Caylus, una briciola di Manhattan Project, una scheggia di Tempus... o simili, e il gioco è fatto. Nel vero senso della parola. 
Ma come abbiamo visto l'originalità non sempre è un pregio, anzi, più spesso ci ha offerto immani mucchi di guano in scatola. Si tratta di quel tipo di originalità che però in Tzolk'in l'editore non ha voluto comunque farci mancare, realizzando con il tabellone un puzzle ai limiti della sanità mentale, una cosa che, con le 16 pagine di regolamento, fa fuori subito quel paio di giocatori in modo da poter giocare una partita dalla durata ragionevole.
Probabilmente il gioco avrebbe potuto farsi carico di una o due postazioni di gioco in più, ma un po' per un sussulto di dignità, un po' per non tradire le aspettative infilando altra originalità, è stato fermato ad un già non onestissimo 2-4, che in meno di quattro giocatori prevede la sistemazione dei cadaveri fuori gioco per occupare spazi su ruote altrimenti eccessivamente vuote.

Errori più banali la scelta di colori coincidenti tra elementi del gioco ed elementi dei giocatori, e la disposizione delle tabelle come di certa iconografia non esattamente immediata. Imperdonabile invece, su una  plancia che ha il pregio di ospitare quasi tutti i pezzi necessari su di sé grazie alle sue dimensioni notevoli, la grafica lucida, piacevole alla vista come un seno di Rosy Bindi, ma probabilmente unico modo per far rimanere l'ambientazione appiccicata abbastanza da resistere alla massiccia dose di sbadigli in grado di generare durante i turni. A dispetto infatti di una distribuzione delle azioni piuttosto ridotta (metti o togli omini), di quelle fatte per venire incontro alle capacità mentali di uno che compri un gioco intitolato Tzolk'in, si hanno dei momenti di downtime che spaeserebbero il Dottor Who.
La linearità delle ruote ne rende più che calcolabile il progresso e le combinazioni, con una sola minima variabile, dando il via ad una serie di "conti della serva", soprattutto nell'ultimo quarto di partita, che nel contempo si potrebbero stilare le dichiarazione dei redditi degli altri giocatori. Ma anche questo è un difetto caratteristico di certi tipi di giochi, tipo i tipi tipo questo.

I complimenti vanno anche alla vecchia scuola di daltonismo che da sempre collabora con editori di tutto il mondo suggerendo colori e combinazioni cromatiche, lodevole, nel nostro caso, l'intervento sulle materie, con un oro di un color oro che si pone esattamente fra il marroncino del legno e il grigio lucido della pietra. Così, in Tzolk'in c'è davvero tutto, tranne forse, l'unica cosa che ci si aspetterebbe.

Ringraziamo Massimiliano Pellegrini per questo scatto quasi mistico di Sunita, in un una espressione che racchiude mille volti e al contempo non significa nulla, manco avesse appena letto Tzolk'in.


5 commenti:

  1. Mamma mia, A leggere così la recenzione direi che il gioco ti è piaciuto!

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  2. Non oso immaginare cosa leggerò di Tokaido :)

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  3. Però ha le ruote. Che è anche quello che ho detto l'ultima volta che ho visto una Multipla.

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