Già Giulia, nessuno ama i giochi, soprattutto a Ludica. |
[Il Puzzillo]
"E non ti abbastava?"
Cantavano Lillo e Greg in un celebre brano di qualche hanno fa.
"No" è la risposta degli organizzatori di Ludica.
Quindi, sullo slancio del successo dell'edizione di febbraio, nello stesso anno, ecco una seconda edizione di Ludica Roma, una fiera che non potete assolutamente perdere. A meno che non abbiate altri impegni.
Pare che la riedizione sia stata così calzante che al venerdì qualcuno ha chiesto "ma sta nevicando?". No, è che il pubblico si era abituato così, a starsene a casa, c'è voluta una delle domeniche pomeriggio più noiose dell'anno per tirarne dentro qualcuno.
In questo forse Gioca Torino, che ha luogo negli stessi giorni, ha giocato la sua parte, annoiando su scala nazionale.
La fiera si compone di tre padiglioni che rappresentano gli elementi chiave dell'evento: quello dei bambini, quello del ristorante americano, balli country, tepee, bancarella indio, softair, paintball e vendita felpe, e infine quello dell'accozzaglia.
No, non ho elencato male, il secondo era quello ordinato, il terzo è quello dell'accozzaglia.
La confusione è di fatto la regina di questa fiera ancora allo stadio di brodo primordiale, c'è confusione nell'organizzazione che non ha evidentemente idea di quale sia il target, c'è confusione negli espositori che non hanno idea di quali prodotti possano realmente essere interessanti per chissà chi, e c'è confusione nel visitatore che non ha idea di cosa ci faccia lì.
Purtroppo la viscosità non è illustrabile. |
Effettivamente, appare subito evidente come l'area bimbi sia non solo la più curata, colorata, vivace, organizzata, ma anche e soprattutto la più ordinata, il che, con un esercito di marmocchi frombolanti ed urlanti, che nemmeno i fan di Bang!, è un bel dire.
Il successo di quest'area si evince anche dalle facce rilassate dei genitori che hanno parcheggiato la patria podestà all'ingresso insieme al cappotto, abbandonando hostess e assistenti vari al loro destino in preda all'orda, trasformando di fatto i corridoi del padiglione in una sorta di "giardino delle milf", per chi sa cosa intendo. Per gli altri, lo stesso.
Buona l'idea di tenere i marmocchi occupati con la costruzione di un enorme mosaico di LEGO del Colosseo, figura che, recuperati i pezzi dalle narici e dalle trachee dei pupi, è venuto su nemmeno male. Al limite un po' umidiccio.
Umidiccio come invece non è riuscito ad essere il padiglione dedicato al gioco "dei grandi" , che se non fosse stato per il massiccio intervento delle friggitrici dei vari chioschetti, non avrebbe goduto di nessuna delle normali sconvenienze degli ambienti per giocatori, in primis la totale mancanza di aria fruibile. Fruibili invece erano i molti troppi giochi a disposizione, spesso preda di qualche koboldino fuggito dal padiglione attiguo e totalmente fuori dal controllo di genitori fuori servizio (i più probabilmente mai entrati in servizio, a giudicare dall'educazione dei pargoli). Nonostante la parte dei giochi fosse grosso modo un terzo di un padiglione, l'area era completamente dedicata ad attività di ludoteca, con una quantità di spazi e di tavoli da entrare in competizione con Play, ammesso che la competizione sia con il giovedì mattina, di Play.
Na na naa na, na na naa na, na na na. |
Esclusi i giocatori venuti per organizzare "cose" o per partecipare ad un paio di tornei da sfigati (non, non riguarda alcuni giochi in particolare, tutti i tornei "seri" di giochi da tavolo della nuova generazione sono da sfigati a cui sarebbe invece bastato un pene di dimensioni decenti, e sì, anche alle donne), non si è visto pubblico di settore, il che fa il paio con i due editori presenti (non ci provate, parliamo, a torto o ragione, di editori professionisti che, se non in qualità almeno in quantità, abbiano prodotto più di un paio di cagate, quindi sì, solo due), Ghenos e Red Glove, con il secondo che, nel padiglione di cui sopra, avrebbe avuto maggior fortuna.
Molte le novità presenti, dalle ciambelline glassate allo stand della porchetta posto come stato cuscinetto tra i giochi in legno e i primi stand di modellismo statico, ossia quello che non si muove, sta lì, e lì è rimasto. Un po' meglio quello dinamico che oltre a far girare aerei di polistirene e macchinine telecomandate, ha fatto girare anche altro a un po' di gente che, alla fine, era partecipe come un pedone nel plastico dei LEGO.
Estremamente coinvolgenti anche i soliti gruppi di fanatici di Guerre Stellari, del Trono di Spade e dei supereroi che, per rivoluzionare la manifestazione, si son fatti i caz*i loro per tre giorni e poi hanno sfilato, in maniera ilare, tutti insieme, tra i corridoi al suono di un mix di colonne sonore. La cosa peggiore non è tanto non aver rimediato nemmeno un ingresso omaggio, quanto non essere riuscito a cavalcare il dromedario.
Alle solite, data la mancanza di cosplay di gnocca e di bancarelle di stronzatine, dopo i sette minuti necessari a visitare l'intero complesso, con un panino alla porchetta per compagno, l'unica cosa che rimane da fare è sedersi e sopportare qualche gioco. Tale teoria si è palesata nell'ora e mezza di spiegazioni e chiarimenti ad un gruppo adulto a fronte di 20 minuti di partita a Carcassonne. Il popolo non è pronto.
In compenso nemmeno l'organizzazione. Uno a uno e palla al centro.
Il Black Pawn ha parlato, o meglio io che lui era a morire di noia a Torino. |
Sempre pronti invece sono i giornalai, o giornalisti, come amano definirsi, che, comprendendo la realtà oltre le possibilità del nostro occhio troppo piccolo e vicino, presentano l'evento con una semplicità disarmante.
Questo ci riporta con i piedi per terra: Ludica è il festival italiano del gioco e del videogioco, punto.
Cioè, per i più, a 'sto punto, del videogioco e del modellismo.
Che poi il videogioco fosse rappresentato da due flipper in un angolo tra i bagni, è marginale. Magari il tema di quest'anno era "Videogioco Amish".
Forse un giorno lo scopriremo, per certo sappiamo che il tema dell'area gioco da tavolo era "quel caz*o che vi pare", la cui migliore interpretazione è andata senza dubbio all'Area Autoproduzione che, oltre a competere per il record di ricevute non emesse, ha mostrato, come di consueto, a una quantità di persone una quantità di giochi che non vedrà mai più. A meno che non diventino groupie dell'Angelo Nazionale.
In somma la fiera del gioco bambino e del videogioco modellismo, tolti indiani da comprare e cowboy da mangiare, si è retta sul lavoro di un paio d'associazioni locali (vabbe' nominiamole, giusto perché sono amici, Reindeer Corporation e Tana dei Goblin) organizzate in maniera tale che una ha le idee ma non i mezzi mentre l'altra a i mezzi ma idee belle come poltrone vibro-massaggianti in guano. Non a caso si sono svolte un paio d'interessanti conferenze delle quali vorremmo parlarvi, ma per farlo aspetteremo le nuove leggi sull'eutanasia. Al limite potete chiedere a chi c'è stato.
Il White Bishop ha parlato. Ma con più discrezione. |
Non sappiamo quale dimensione e in quale direzione svilupperà questa manifestazione, certamente al momento non pare possa, né intenda diventare un'attrattiva per il pubblico ludico, e i giocatori del centro-sud (ammesso che ve ne siano) dovranno continuare ad imbarcarsi per viaggi della speranza verso fiere già deficitarie come PLAY o Lucca Games, se non, a 'sto punto, Essen Spiel. Soprattutto considerando un costo che sarebbe eccessivo anche in Yen, 12 d'ingresso e 25 d'abbonamento, proprio come Essen, sì, proprio quella con i dodici padiglioni pieni di meraviglia.
Maggiore speranza c'è invece per quella parte dell'editoria ludica che più si adatta alle produzioni di basso target, o che al basso target meglio si propone (magari con tecniche di accalappiamento da mercatino), che possono beneficiare di una domenica pomeriggio in più all'anno in cui piazzare un po' di prodotti ad un pubblico completamente ignaro.
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