mercoledì 25 gennaio 2012

Vinhos vs Trajan

Di Mr. Black Pawn

le immagini delle copertine provengono da www.boardgamegeek.com



Qualcuno, lo so, vorrebbe un mio scoppiettante pezzo su un tema d'attualità ludica, ma per una volta ho deciso di lasciare l'onere del pezzo su IdeaG al Puzzillo, tanto per fargli provare l'ebbrezza di scrivere un post che strappi all'annoiato pubblico qualche commento e qualche proiettile di saliva, anziché la consueta indifferenza.
D'altra parte, come tutti ormai sostengono, al Puzzillo abbiamo esaurito le idee. Ma, diciamocela tutta, non è solo colpa nostra*.


Purtroppo ultimamente non è successo granché, sto aspettando una qualche convention degna di questo nome, ma prima di Play non mi sembra ci sia molto da vedere, se si esclude quel particolare evento che, all'interno della brochure informativa, necessita dell'inserimento del disclaimer "questa fiera non è sovvenzionata con soldi provenienti da paesi in guerra civile".

E così mi tocca passare ad una più classica sfida. Perlomeno è una di quelle che aspettavo con ansia, dato che prende in esame due giochi che, posti l'uno accanto all'altro, proiettano sul muro la medesima ombra: la silhouette di un martello da guerra che si staglia minacciosa su un paio di noci.

Si fa avanti per primo Vinhos, la prima fatica di Lacerda (autore dal cognome che evoca assonanze decisamente sfortunate), un gioco che incita all'alcolismo, non tanto per il tema in sé quanto perché dopo averlo provato vuoi bere per dimenticartelo. Vinhos si presenta con un'armatura fatta di vitigni intricati e un mini-game che, se non riesci a capire come gira, finisci in mutande. Direi "fra le risate di scherno degli altri giocatori", ma chi gioca a Vinhos di solito non è in grado di ridere, non più.


Lo fronteggia, epico e minaccioso, Trajan, l'ultima fatica di Feld, un gioco che sussurra per due ore abbondanti all'orecchio del giocatore quanto la vita sia meschina e pesante. Io sono sopravvissuto masticando della corteccia di tenuiflora, e nonostante tutto la mia mente è rimasta maggiormente segnata dall'esperienza di gioco piuttosto che dalla dimetiltriptamina. Anche Trajan si avvale di un mini-game per strangolare l'allegria dei giocatori. Un mini-game che, se non riesci a capire come gira, non è un grosso problema. Qualcos'altro girerà al posto suo.

Ma andiamo con ordine. Entrambi i concorrenti sono stati salutati come il successo annunciato dei rispettivi anni d'uscita. Dopo il successone di Vinhos, però, What's Your Game? non ha ancora pubblicato altro ("e meno male!" dirà qualcuno dei miei piccoli e infidi lettori, confermando che chi legge questo blog non è migliore di chi lo scrive), e questo mi fa ben sperare sul futuro editoriale della Ammonit, o quanto meno fa sì che io possa crogiolarmi al pensiero che, almeno per un anno, non arriveranno altre scatole piene di mattoni dalla casa tedesca.

I due giochi stupiscono e confondono già dal setup, un setup così lungo che nel frattempo ci sta dentro il setup dell'altro gioco. Ma non basta. Perchè la soglia invalicabile, il "lasciate ogni speranza, voi ch'entrate" che spezza le gambe al divertimento, il muro di gomma che circonda questi due gioconi, è lì, che vi attende fin dal primo turno: è l'assurdo e funesto mini-gioco che fa da motore a tutto il resto, quello scoglio su cui dovete sedervi, col rischio di rimanere con le gioie di famiglia incastrate in una crepa, e si sa che il passo è breve, fra uno scoglio e due coglioni.

Vinhos ce la mette tutta per imbarazzarvi di fronte ai vostri amici. Un puzzillo su una versione cthuloide del tris barcolla di turno in turno per farvi fare le azioni, ma occhio! Se qualcuno ha già fatto quell'azione, dovete pagare. Se l'azione non è vicina all'azione che avete già fatto, dovete pagare. E se scegliete alcune azioni, che cambiano a seconda dell'anno... beh, sì: dovete pagare. Più che un gioco, una dichiarazione dei redditi (anche se il modulo 730 vince per linearità delle meccaniche).
Trajan non vi chiede così tanto in termini matematici, ma in compenso pretende che siate parenti di Deep Blue. Perchè il mini-gioco di Trajan, che tanto ha fatto gridare al miracolo in termini di originalità e giocabilità, altro non è che un'implementazione del Mancala all'interno di un meccanismo "di risoluzione" più complesso.
Quindi, quando fate un'azione con il motorino d'avviamento di Trajan, attenzione: questo avrà ripercussioni non tanto sulla grande plancia piena di piccole inutilities, ma sul motorino d'avviamento stesso che, nonostante i vostri sforzi, s'ingolferà al quarto-quinto turno.
Quale dei due sia peggio non saprei. Direi che è una delle Domande Senza Risposta, come "Se un uomo parla nel vuoto, dove non ci sono donne ad ascoltarlo, continua ad avere torto?"

Ma andiamo avanti. La forza di questi due giochi sta in due fattori ben distinti: da un lato il numero impressionante di strategie possibili (tipo: prendi delle tessere, oppure dei segnalini, o anche dei talloncini), dall'altro il fatto che ci sia un calcolato fattore fortuna di cui tenere di conto, una roba innovativa e mai vista. Nel caso di Trajan si tratta di una variante del meccanismo dei bisogni del popolo di "la Città", depauperato di tutto men che del concetto di "perdere qualcosa", e la gestione degli eventi atmosferici e delle fiere di Vinhos, sistema sicuramente meno invasivo ma anche meno adrenal... ok, no, adrenalinico decisamente no, diciamo meno contro-non-emozionante, rispetto al giocone di Feld.

Passiamo dunque all'interazione, che in entrambi i casi non esiterei a definire "marginalmente incidentale". Se nel gioco di Lacerda quantomeno può capitare di rompersi le scatole a vicenda col pirillo (detta così suona male, ma è quello che capita) costringendo gli avversari a spese impreviste, in Trajan il massimo che può succedere è che Gianezio vi rubi - quasi sicuramente per errore - quella Construction Tile che volevate. Ma nessun problema: potete prenderne un'altra, e più o meno il mondo vi sorriderà ancora.
Certo, dato che in entrambi i casi stiamo di parlando di eurogames rientranti nella categoria "colpi di mazzafrusto diretti all'inguine", l'interazione non è proprio un pregio, così come la fortuna del punto precedente: tira di qua, tira di là, più o meno i due sono in una sconcertante parità.

Dato che di fatto i materiali si assestano su una meritata sufficienza, se non altro per l'abbondanza degli stessi in entrambi i giochi (forse un pelo migliori in Trajan), si arriva al tema.
Allora. Prendo un respiro profondo.
In Trajan il tema è appiccicato sulle meccaniche come un velo di cartapesta e saliva su una montagna di freddissime pietre tombali. Andare ad indagare sulle scelte editoriali che hanno portato ad ambientare nella Roma antica un gioco di set collection basato su un gioco astratto in voga in africa e medio oriente, porterebbe credo solo allo scoperchiamento delle tombe stesse, riversando nell'ambiente la stessa puzza di cadavere derivante dal riciclo di tutte le altre meccaniche, che paiono aver visto tutti meno che i sedicenti espertoni che inneggiano al capolavoro assoluto.
Per quanto riguarda Vinhos, sebbene l'attenzione al tema sia anch'essa blanda come un Tavernello annacquato, se il paragone è con Trajan allora siamo di fronte a un gioco che potrebbe rientrare nella stessa categoria di Tannhauser o Runequest. In sostanza, sul fronte "tema" vince Vinhos, ma non per meriti propri.

Passiamo all'esperienza di gioco: premesso che bisogna essere malati per autoinfliggersi dalle due alle tre ore di uno qualsiasi dei due giochi, in questo caso a spuntarla è forse Trajan, che si ferma alla noia estrema senza sconfinare nel dolore psicofisico vero e proprio che solo una partita a 4 di Vinhos può farvi assaporare. Questo senza contare, però, che la durata percepita delle partite a 4 può causare l'insorgere di piaghe da decubito sulla vostra voglia di vivere, il che riporterebbe il tutto in sostanziale parità.

Stavolta no, davvero, non me la sento di decretare un vincitore e uno sconfitto: seppellite questi due titoli sotto la polvere, lasciateli marcire insieme ai rispettivi hype e rimpiazzateli con qualcosa di meno doloroso, come il sapone intimo al peperoncino o la carta igenica uncinata.
Alla prossima, cosi. E se proprio dovete giocare a giochi così, ok, ma almeno evitate di dire in giro che sono belli.

* pwned

8 commenti:

  1. Bè se la tizia della foto mi proponesse in quel modo questi titoli, come farei a non giocarci (con la tizia della foto intendo non con i titoli)?
    Scherzi a parte, stavolta siete andati contro due giochi recenti che mi sono piaciuti (faccio auting), da quanto scritto avrei creduto che avresti fatto vincere Vinhos (che è meno astratto di Trajan). Comunque sia scontro divertentissimo. Ccomplimenti!

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  2. Ah, quindi sei uno dei cosiddetti "hard core gamers"? Addirittura uno col senso dell'umorismo?

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  3. Dai, Black Pawn, come se esistessero gli unicorni e gli hard core gamers con il senso dell'umorismo... ti pare che uno che usa come pseudonimo il nome di un personaggio che non riesce manco a trovare il cortile di casa propria possa averne? Uhm, in effetti... forse abbiamo trovato l'unico gamer con del sense of humour, incredibile dictu.

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  4. Ebbene sì, sono un "hard core gamer" e quindi mi perdo ogni anno fra i titoli in uscita Essen da provare, cercando di trovarne qualcuno piacevole. E come Ryoga di tanto in tanto trova la strada per la casa dei Tendo, anch'io spero di riuscire a trovarne qualcuno. :D

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  5. E questa, figlio mio, è la differenza fra finzione e realtà: mentre la strada giusta nella fantasia talvolta appare, il gioco giusto no.

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  6. Ma un Ryoga ci spera sempre! :D
    Voi fate bene a criticare i giochi, che un limite agli acquisti ci vuole.

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  7. Sottoscrivo anche sto giro.

    Aggiungerei giusto un fantozziano: "Per me Vinhos è una cagata pazzesca!" (93 minuti di applausi). Tanto per la par conditio pure un trainspotiano: "Dopo Trajan io ho scelto la vita".

    Aledrugo1977

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  8. Dopo Vinhos sono diventato astemio

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