lunedì 13 giugno 2011

Rapinato – Artus

E’ solo una rapina, la nostra, un furtarello di due minuti per scoprire quanto tempo potremmo farci rubare dai giochi che siamo riusciti a provare durante la manifestazione di turno. Questa volta abbiamo trovato una concorrenza spietata nell’attività: Artus. Un gioco della Ravensburger che se avessi incontrato in gioventù avrebbe distrutto irrecuperabilmente l’immagine fantastica che mi creai del gioco e dei giochi, in particolare di quelli da tavolo. Ringraziata la Ravensburger per aver ritardato questo infausto evento, oggi mi trovo a denunciare un collega che ha spostato la propria attività dalle rapine in tempo a quelle in denaro: il rapporto tra il costo del gioco e il tempo di divertimento che concede è più sproporzionato delle braccia di Popeye. E questo indipendentemente dal prezzo, se avete confidenza con le divisioni per zero avrete capito cosa intendo.

Dagli elementi grafici tanto ben definiti quanto poco chiari in termini di referenza, al sistema stesso del gioco, Artus più che un boardgame è una brutta esperienza, qualcosa a cavallo tra una cena con i suoceri della ex moglie e avere i gli stessi “per” cena, come dire, tra l’imbarazzo e il disgusto.
Mentre alcuni dei quattro giocatori ancora strofinano le mani contro la scatola di Agricola per cancellare quella brutta sensazione, io non riesco a dimenticare quel tabellone con la plancia rotante nel mezzo, i quattro punti di riferimento per farla girare e tutti i pedoni che cercano di trovarsi nella posizione giusta per raccogliere i punti segnati sulla ruota stessa, o meglio, sulla rotante tavola rotonda. Non dimentico ancora nemmeno le carte pescate a caso per far muovere i propri pedoni o i cavalieri di riferimento, sconvolgendo di carta in carta l’intera disposizione, rendendo inutile la facoltà cognitiva di tutti i presenti, giocanti o meno.

Unico indiscutibile pregio del gioco è quello di essere appena uscito, siete quindi in tempo per evitare di avvicinarlo.

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